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Quando
la terra colma di palpebre bagnate
si farą cenere e dura aria depurata,
e le zolle secche e le acque,
i pozzi, i metalli,
renderanno alfine i loro morti sciupati,
voglio un orecchio, un occhio,
un cuore ferito che fa tonfi,
un buco di pugnale da molto tempo affondato
in un corpo da tempo sterminato e solo,
voglio delle mani, una scienza di unghie,
una bocca di spavento e di papaveri morenti,
voglio vedere alzarsi della polvere inutile
un roco albero dalle vene scosse,
io voglio della terra pił amara,
tra zolfo e turchese e onde rosse
e turbini di carbone silenzioso,
voglio una carne, risvegliare le sue ossa
ululando fiamme,
e uno speciale olfatto che corra in cerca di qualcosa,
e una vista accecata dalla terra
che corra dietro a due occhi oscuri,
e un udito, d'improvviso, come un'ostrica furiosa,
biondastra, smisurata,
che si levi verso il tuono,
e un tatto puro, tra sali perduti,
che esca toccando petti e gigli, d'improvviso.
Pablo Neruda (1904
Parral - 1973 Santiago) |
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